…non è che se non si tradisce ci si addormenta, ma qualcuno in coma l’hanno trovato. L’uomo più romantico del mondo alla centesima rosa diventa un fioraio; mangia per sempre e solo il tuo cibo preferito e rivaluterai il sapore del tovagliolo; sposati George Clooney tutti i giorni e alla millesima volta chiederai di Martin Feldmann; ascolta 12.000 volte la tua canzone preferita e scoprirai i vantaggi dell’abitare al 17esimo piano. Questo per dire che ci adattiamo alle “cose”. Non è perché siamo capricciosi, ma è una precisa funzione fisiologica. I nostri organi di senso rilevano i cambiamenti, non la presenza costante e il cervello pure. Se uno sostituisse le orecchie con due cotolette dopo un mese non sentirebbe più nemmeno l’odore.
La parola “tradimento” viene letta sempre in negativo, ma altro non è che la naturale propensione al cambiamento. Se guardiamo al mondo animale, e non parliamo solo del maiale spesso tirato in causa ingiustamente, ben poche specie rimangono fedeli e quasi sempre c’è una convenienza legata alla sopravvivenza della specie stessa.
Purtroppo come esseri umani abbiamo l’aggravante della ragione e della morale, quindi ci tocca predicare bene e razzolare male, una faticaccia. Dichiarare che si sarà fedeli per sempre suona u un pò come una minaccia, ma è tanto bello sentirselo dire e illudersi che sia così, ed è bello anche dirlo. Diventa più difficile farlo quando il partner è a 1000 km di distanza, i cellulari non prendono bene e George Clooney ti suona alla porta per lo zucchero. Se poi ci si mette anche l’estate, il sole, l’abbronzatura, la musica, la ciuca, le 4 di notte, ecc… dire di no sembra scortese.
In fondo siamo da sempre “traditori” anche di noi stessi; chi non ha mai tradito se stesso/a almeno una volta lanci la prima piastrella; si può affermare di essere sempre stati coerenti?, di non aver mai tradito il proprio pensiero almeno una volta? Se non l’avete mai fatto complimenti per il marmo.
Quindi arrendiamoci, il tradimento ci appartiene. Ma siccome l’essere umano è bravo a complicare ciò che è naturale, bisogna fare i conti con i nostri sensi di colpa, l’empatia per chi può soffrirne, la difficoltà ad accettare che possiamo amare una persona, le tasse. Quindi, in breve, tradire può far male o bene.
Fa bene
– Quando rigenera il cuore. Come si diceva, la persona più bella e interessante del mondo dopo anni diventa prevedibile al nostro cuore che chiede emozioni nuove, generate solo dal mistero di una nuova conoscenza. Bisogna però essere consapevoli del fatto che le emozioni che ci può dare una persona nuova sono un po’ “tarocche” nel senso che vivono proprio del non conoscere. E’ ovvio che la novità in un primo momento vince sempre sul “conosciuto”, poiché sul “nuovo” possiamo proiettare tutte le nostre aspettative o sogni.
– Quando si ha bisogno di capire (sarebbe meglio “sentire”) a che punto è giunta la nostra relazione ufficiale. Spesso si mantiene un rapporto per le ragioni più strane (tipo: “cosa farà senza di me” piuttosto che “cosa farò senza di lui”). Il tradimento (attenzione: passato il primo momento di entusiasmo) fa emergere il vero valore della nostra relazione.
– Quando con la persona “nuova” avviene uno scambio che arricchisce. Immaginatevi che oltre a voi, al mondo esista solo un’altra persona: il vostro salumiere. Per quanto possa essere pieno di risorse e prosciutti, non potrà colmare l’universo che è in voi. Non a caso abbiamo persone con cui parliamo bene di certe cose, altre con cui ridiamo bene, ecc.
– Quando si torna a casa e guardando il proprio partner ci si rende conto che serviva proprio una “scappatella” per accorgervi che volete ancora lui/lei. Ed è una scelta!
– Quando non ci si sente più. Solo allora una “scappatella” può essere un’esperienza collocata nel giusto posto: una vacanza del cuore (e non solo).
– Quando si accetta che si può desiderare una persona solo da un punto di vista fisico senza per forza implicare il cuore. A volte si tende ad auto-convincersi che la persona ci piace globalmente, quando magari, levato il sesso, è come parlare con una pianta di gerani.
Fa male
– Quando si tradisce per ripicca. E’ vero che qualcuno sostiene che il miglior perdono è la vendetta, ma qui si tratta di sottomettere il nostro corpo e i nostri sentimenti agli ordini della mente che chiede giustizia!. Lascia l’amaro in bocca e non salva il rapporto.
– Quando ci si sbilancia oltremodo con le parole. Poiché poi, per non entrare in contraddizione con noi stessi siamo “costretti” a credere a ciò che abbiamo detto da ubriachi e comincia la tiritera: “che confusione, che succede? Boh…mah…beh…etc.”.
– Quando dalla semplice “scappatella” si passa a tenere in piedi due relazioni. Non è certo un problema di morale, né di fatica (anche se pare che tal cosa provochi livelli di stress da lingua penzoloni); il vero problema è la propria autostima. Non saper scegliere può spesso significare non avere la capacità di abbandonare, la quale a sua volta sottintende l’incapacità di reggersi sulle proprie gambe.
– Quando non si ha rispetto per il partner tradito. Ciò significa che i “peccati” se bisogna farli, bisogna farli bene, è un segno di rispetto verso il partner. Quindi evitare di lasciare segnali tipo sms non cancellati, o calzini nelle sacocce. Non c’è niente che faccia star male come essere beccati con le mani nella marmellata.
– Quando si sente l’esigenza di raccontarlo. Le parole possono descrivere le emozioni, ma sono un’altra cosa. Provate a raccontare a tutti un’emozione che avete provato, alla lunga la svuotate e rimangono solo “versioni” noiose. Insomma vi bruciate il ricordo.
– Quando la scappatella ha come sottofondo: “cosa sto facendo?, povero Luigi!”. A parte che si crea un clima d’allegria tipo: “stiamo rapinando la banca e prendendo in ostaggio Heidi” e la cosa non aiuta nemmeno da un punto di vista sessuale (con le dovute eccezioni). Inoltre porta al classico dilemma post-scappatella: “glielo dico o non glielo dico?”.
– Quando si decide di confessare. A chi serve? molti pensano: “dopo apprezzerà la mia onestà e starà meno male”. A parte che l’altro pensa: “onestà per onestà, potevi dirmelo la sera prima?”, ma poi, siamo sicuri che starà meno male che a non saperlo?. E’ meglio farsi un esametto di coscienza (come dicevano i nonni) e magari scoprire che in realtà dirlo serve solo a noi stessi quando non siamo in grado di perdonarci in quanto esseri umani dalla carne debole…(come ha detto qualcun altro di cui non mi sovviene il nome).

Concludendo e riprendendo il tema del bisogno del cambiamento e del piacere (un po’ masochistico) del rimpianto che spesso ci accompagna, ricorderei una frase di Federico Fellini, che può essere una bellissima metafora di questo bisogno, mi scuso se le parole non sono proprio le stesse, ma spero di rendere il concetto: “Abito in questa parte della città, ma in verità amo un’altra zona di Roma. Non ci vado ad abitare, ma ci vado di tanto in tanto, se abitassi lì non sarebbe più la stessa emozione”.